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La figura femminile tra Storia, superstizione e credenze popolari

La figura femminile tra Storia, superstizione e credenze popolari

La condizione della donna nella storia, pur variando secondo i tempi ed i luoghi, è sempre stata di sottomissione e di limitazione rispetto a quella dell’uomo; una condizione di svantaggio e di inferiorità che ha fatto di lei un aliquid deficiens et occasionatum, cioè un frutto imperfetto e casuale della natura, sottomesso all’uomo in una sorta di condicio servitutis.

I teologi hanno avuto nei confronti della donna un atteggiamento ostile generato dal ruolo avuto nel peccato originale; i medici l’hanno studiata e temuta, incuriositi da un corpo di cui, per molti secoli, hanno ignorato il funzionamento; i giuristi l’hanno posta sotto la tutela del padre o del marito, ritenendola incapace di agire sui propri interessi, limitando la sua posizione giuridica ed elencando persino quelli che erano gli officia mulieribus prohibita. Alla donna ad esempio viene fatto espresso divieto di rendere testimonianza, di prestare garanzia, di accedere agli ordini sacri e persino di insegnare.

L’Antico Testamento loda le donne nei loro ruoli tradizionali, ma le esclude dal sacerdozio perché ciò poteva distoglierle dal loro ruolo di donne e madri.

Sarà l’avvento di Cristo a sovvertire la posizione della donna nella cultura cristiana; egli le giudica in base alla loro fede e non al ruolo che svolgono nella società (pensiamo alla figura di Maria Maddalena), si avvicina a loro e le manda ad annunciare la sua resurrezione.

Accanto alle sante, alle pie donne, alle madri ed alle mogli, esiste però un’altra categoria: le streghe. Si tratta di donne depositarie di formule magiche, tramandate oralmente di generazione in generazione, capaci di sfruttare le proprietà di alcune erbe officinali per curare i malanni degli uomini o assoggettare le persone al loro potere. E’ proprio intorno a queste figure che si muovono le credenze popolari protagoniste dei secoli bui della storia.

 

Articolo scritto da Marinella Peri Speaker congresso DonnaON 2020.

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Smetti di studiare per imparare, studia per spiegare

Smetti di studiare per imparare, studia per spiegare

Smetti di studiare per imparare, studia per spiegare

Se avessi a disposizione pochi minuti e qualcuno mi chiedesse di sintetizzare quale sia l’azione più importante per consolidare le informazioni e i concetti nella nostra mente, la risposta sarebbe: “smetti di studiare per imparare, studia per spiegare”.

Questo approccio è tratto dal celebre Cono dell’Apprendimento dell’educatore americano Edgar Dale. Egli condusse diversi studi che lo portarono a elaborare la teoria secondo la quale possiamo classificare l’apprendimento in due grandi categorie: quello attivo e quello passivo.

Se studiamo per spiegare o ci mettiamo nello stesso atteggiamento di fare “come se” dovessimo studiare per spiegare, (anche se apparentemente c’è differenza, si tratta di concetti pressoché uguali), siamo noi a metterci in gioco e a voler comprendere i concetti e siamo noi coinvolti in prima persona.

Questo perché, per poter spiegare un argomento ad un interlocutore, siamo costretti a mettere in discussione quanto leggiamo, vediamo o ascoltiamo per trovare il miglior modo per trasmetterglielo chiaramente.
Facendo così non subiamo le informazioni passivamente, leggendo e ripetendo all’infinito.
Se siamo in grado di trasferire la competenza appresa di un argomento a qualcun altro, significa che quei concetti li abbiamo compresi veramente bene e interiorizzati.

Uno dei motivi per cui le Mappe Mentali sono estremamente efficaci è proprio perché sfruttano una procedura di apprendimento attivo.
E’ come se dovessimo immedesimarci nei panni di un’insegnante.
Come possiamo fare per metterci alla prova? Semplicemente registrandoci, utilizzando una videocamera o uno smartphone, immaginando di avere di fronte a noi una persona che non sa nulla del tema che vogliamo imparare e alla quale lo dobbiamo trasferire.
E’ importante, al termine della registrazione, rivedere quanto ripreso per valutare la proprietà di linguaggio, la completezza delle informazioni e la chiarezza della spiegazione.
Con questa modalità infine, secondo gli studi di Edgare Gale, siamo in grado di trattenere fino al 90% delle informazioni proprio perché l’esperienza viene “vissuta”.

 

Articolo scritto da Elisa Marigo, Speaker congresso DonnaON 2020 e selezionata per il percorso DonnaON PRO 2019/2020.

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L’importanza di scegliere il Tacco giusto

L’importanza di scegliere il Tacco giusto

Quante volte ti sei trovata a dire “vabbè una scarpa vale l’altra” ma che tu ci creda o meno, non è così. E noi donne sappiamo benissimo che non è così.

Una scarpa non vale l’altra, ne tantomeno un Tacco è equivalente all’altro soprattutto quando hai in agenda un impegno importante che riguarda la tua vita professionale.

E se quella data può essere uno spartiacque importante per la tua carriera non puoi permetterti di lasciare tutto al caso. E no!

Nel momento stesso che hai fissato giorno e ora, inizi ad andare alla ricerca dell’outfit perfetto. Perché tu, come è naturale che sia, vuoi sentirti perfetta esprimere te stessa al massimo delle tue potenzialità, sentirti a tuo agio e trasmettere sicurezza e preparazione con ognuna delle persone che incrocerai.

E’ qui che la frase “vabbè una scarpa vale l’altra” non convince anche te.

L’abito, il make-up, i capelli, le scarpe con il tacco racconteranno di te e gli altri ti valuteranno per quello che vedranno e poi sentiranno.

Ma in tutta questa ricerca le scarpe, i tacchi, hanno un ruolo ancora più grande. Si perché sceglierle male i tacchi precluderebbe inesorabilmente tutta la preparazione a cui ti sei dedicata.

Quell’immagine che vuoi far vedere agli altri e con la quale vuoi rafforzare la tua professionalità, preparazione sull’argomento, e/o esperienza maturata in un determinato campo sono il tuo primissimo biglietto da visita.

Convieni con me che scegliere un qualsiasi paio di scarpe (con il tacco) potrebbe risultare una scelta azzardata.

E ti dirò di più.

Hai presente quando vedi una bella donna, vestita di tutto punto con delle scarpe favolose che ha però un’andatura un impacciata, che ha il viso arricciato con delle smorfie di dolore a causa delle scarpe che le fanno male?

Ecco è qui che i tuoi tacchi possono interferire con la tua professione. Perché guardando quella donna senti come se qualcosa non fosse “al suo posto” e il tuo cervello ti dice “non mi convince” e farai una fatica ancora più grande a trasmettere te stessa e la tua preparazione.

E allora come fare per scegliere i tacchi giusti per soffrire meno?

Parti dalle basi, parti dalla conoscenza del tuo piede e delle sue caratteristiche.

E’ assolutamente sconsigliato scegliere, soprattutto per te che hai una pianta larga, la decolleté perché significherebbe assicurarti di soffrire tanto e da subito. Mentre l’ideale sono dei tacchi con una pianta più larga, con cinturini e un’altezza di qualche centimetro più bassa rispetto a quelle che sei abituata ad indossare. E se solitamente non li porti, scegli un tacco non alto, tipo 4-5 cm, magari largo e con 1 cm di plateau.

Se invece hai una pianta stretta con un’arcata plantare alta si alle decolleté, sempre meglio con dei cinturini per evitare che si sfilino mentre cammini e poi rischi di perderle nel bel mezzo della tua esposizione.

E per andare sul sicuro, preferisci un paio di tacchi di colore chiaro, meglio se del tuo stesso incarnato perché si abbineranno a qualsiasi abito (metti che all’ultimo tu cambi idea) e non taglieranno la tua figura, soprattutto se avrai dei cinturini.

E se non volessi scegliere i tacchi per l’occasione?

Il mio consiglio è sempre quello di scegliere un po’ di tacco perché è risaputo che una donna con il tacco (senza discriminazione di altezza) si sente più sicura di sé.

 

Articolo scritto da Anna Natale, Speaker congresso DonnaON 2020 e parte del Team DonnaON 2020.

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Vale ancora la pena essere su Facebook?

Vale ancora la pena essere su Facebook?

Si è fatto un gran parlare di Facebook negli ultimi mesi, per la notizia del lancio della propria criptovaluta da parte dell’azienda.

Ma è da qualche tempo che ci si interroga sull’opportunità per i business di essere ancora presenti sulla piattaforma, con alcuni noti brand che hanno deciso di abbandonare questo social.

Facebook però è sicuramente una delle piattaforme più forti per costruire la strategia social di un business. Presenta un numero di utenti attivi al mese nel modo di circa 2,2 miliardi di persone; permette di creare contenuti diversificati e di comunicare a più livelli con i propri consumatori.

Anche se c’è chi ritiene che Facebook sia ormai uno strumento sorpassato, in realtà non esiste ancora un social in grado di eguagliare Facebook in termini di individuazione del proprio pubblico e offerta agli utenti di informazioni e contenuti pertinenti, in modo da creare relazioni durature.

Con miliardi di utenti attivi Facebook e Instagram sono diventati canali pubblicitari imprescindibili per moltissime attività. Mediamente una persona passa complessivamente 50 minuti al giorno su questi social e noi siamo pronti ad utilizzare questi 50 minuti per farci conoscere.

La cosa importante è avere una strategia per attirare l’utente, portarlo all’interno del nostro percorso d’acquisto e infine ottenere una conversione (contatto, acquisto, download di un app ecc..).

Questa strategia varia da caso a caso ed è la parte più complicata quando si imposta una campagna.

Una strada unica non c’è e diffidate da chi vi vende la formula magica valida per tutte le attività. L’unico modo di utilizzare Facebook in maniera ottimale è analizzare le variabili che ci mette a diposizione, studiare il target e i competitor, il percorso d’acquisto e tanto altro.

Quando si parla di Campagne Facebook inoltre si parla anche di Instagram, Messenger e altri posizionamenti esterni al social. A breve sarà possibile fare pubblicità anche su WhatsApp e noi inserzionisti non vediamo l’ora.

Dato che Facebook possiede miliardi di dati sui propri utenti, dati o inseriti spontaneamente o indirettamente attraverso le proprie azioni, possiamo pensare di raggiungere gli appassionati anche della più piccola nicchia di mercato su più social contemporaneamente.

La riposta alla domanda posta all’inizio “Vale la pena essere ancora presenti su Facebook?” è sì… bisogna essere presenti ed essere pronti a far evolvere la propria comunicazione in base ai nuovi strumenti messi a disposizione.

 

Articolo scritto da Stefania Genoni, Speaker congresso DonnaON 2020.

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Essere o diventare freelance

Essere o diventare freelance

George Eliot scriveva a fine Ottocento: “Non è mai troppo tardi per diventare la persona che avreste voluto essere”. In realtà il suo nome era Mary Ann Evans ed è stata una delle più famose e amate autrici dell’epoca vittoriana.

 

Perché vi racconto questo? Perché oggi per fortuna non è più necessario utilizzare uno pseudonimo maschile per farsi strada a livello professionale nel mondo del lavoro. Va però detto che alcuni ambiti restano per noi difficili da scalare, ma le statistiche ci dicono che siamo sempre le più preparate, ci formiamo molto di più e abbiamo la capacità di gestire con maggior umanità situazioni complesse.

Questo ci fa onore, ma spesso ci sentiamo inadeguate di fronte ai colleghi uomini che – apparentemente – si dimostrano sempre sicuri di loro stessi con un Ego sconfinato.

E noi possiamo partire da qui!

Siamo più preparate e loro hanno un Ego sconfinato.

Essere freelance: questione di forma mentis

Il primo importante passo per creare o riconquistare il proprio ruolo professionale è avere consapevolezza delle proprie competenze e comprendere quali valori ci contraddistinguono e ci guidano. Potrebbe essere utile, in questo senso, rispondere a queste domande:

  • Chi sono?
  • Che cosa faccio?
  • Per chi lo faccio?
  • Come lo faccio?
  • Perché lo faccio?

Le prime due domande riguardano la nostra identità e la percezione che abbiamo del nostro valore. Dalle altre risposte comprenderemo il nostro grado di consapevolezza, il cuore del progetto, la sua fattibilità, la motivazione che ci spinge.

Il freelance, lo evidenzia il termine che ci contraddistingue, è costantemente in equilibrio tra LIBERTA’, COMPETENZA E RISCHIO. Avere il giusto mindset o imparare a svilupparlo sarà il nostro primo obiettivo. Essere flessibili, determinati, proattivi, resilienti, organizzati sono solo alcune delle caratteristiche del freelance.

Come ci si arriva? Studiando ogni giorno e aggiornandosi, scegliendo i corsi giusti e le persone da seguire sul web e nella vita, frequentando gli eventi in linea con il nostro progetto.
Stabilito il punto di partenza, avremo maggior chiarezza anche sulle nostre competenze.

Come si fa un bilancio di competenze

Al di là dei test per l’autoanalisi, è essenziale che tu abbia familiarità con le tue caratteristiche personali. All’inizio puoi cominciare questo percorso da sola per iniziare a lavorare e trovare i primi clienti.

Poi, quando sarai pronta a investire su te stessa e sulla tua visione, potrai rivolgerti a un professionista di coaching per correre più veloce e mettere a punto tutti i tuoi servizi più rapidamente.

Prendi un foglio bianco per sentirti libera e sistemalo davanti a te sulla scrivania o sul tavolo della cucina. Ti ci ritrovi? Ti capita di ritagliarti uno spazio di tempo tutto tuo per riflettere la mattina, quando tutti dormono ancora o quando sono usciti di casa?

Ora scrivi di getto e in ordine sparso:

  • Quali sono le caratteristiche che senti di avere e gli altri ti riconoscono?
  • Quali valori ti animano? Cosa faresti sempre e non faresti mai?
  • Quali sono i tuoi interessi professionali?
  • Cosa ti piace maggiormente fare?
  • In quali ambiti ti sai muovere con leggerezza? Dove ti senti più capace?

Scrivere ci aiuta a chiarire chi siamo oggi e come evolviamo, con le nostre sfumature, paure e punti di forza. Scrivere ci permette di stringere un patto con noi stesse per continuare a migliorare e tendere verso la persona che vogliamo diventare.

A DonnaON condivideremo ogni passaggio di questa fare iniziale per porre le basi del nostro progetto.

 

E ricorda: aggiornarsi sempre, arrendersi mai.
#InsiemeèMeglio

 

Articolo scritto da Barbara Reverberi, Speaker congresso DonnaON 2020 e selezionata per il percorso DonnaON PRO 2019/2020.

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