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Che lingua parla la nostra mente?

Che lingua parla la nostra mente?

La nostra mente comprende e ricorda meglio le immagini, i colori, le associazioni di idee, cioè tutte le informazioni che ci coinvolgono emotivamente, ci incuriosiscono e ci appaiono strane.

Sulla base di queste considerazioni sono nate originariamente alcune riflessioni da parte del cognitivista inglese Tony Buzan che, dopo circa 30 anni di lavoro certosino di messa a punto, ha dato origine alla Mappa Mentale. L’obiettivo è quello di parlare alla mente nella sua stessa lingua sfruttando le caratteristiche del suo funzionamento.

L’intuizione di Tony Buzan è stata quella di non usare una struttura lineare, come in un testo scritto, ma quella radiale di un neurone, ricavando dai concetti solo le parole chiave, ossia solo quel 10% delle parole necessarie a definire concetti più ampi.

Per comprendere questa intuizione ci basta guardare la struttura di un neurone che, a una attenta osservazione, è molto simile a quella di una Mappa Mentale. Di conseguenza, attraverso l’uso della mappa mentale, la nostra mente apprende le informazioni senza necessità di interpretarle e di perdersi in mezzo alle centinaia di parole che in un testo servono solo per rendere più comprensibili i concetti. Parole stesse che, nello stesso tempo, possono oscurare i concetti chiave.

Prendendo le parole chiave e associandole a delle immagini, Tony Buzan si è accorto che questa struttura era la stessa lingua della nostra mente, di conseguenza, molto più efficace per memorizzare concetti.

Quante volte abbiamo sentito l’espressione proverbiale “un’immagine vale più di mille parole”. Per di più, utilizzando anche i colori, il cervello viene ulteriormente motivato anziché annoiato. In questo modo navighiamo nei nostri pensieri velocemente, stimolando associazioni di idee, intuizioni e ogni concezione diventa estremamente più chiara. In aggiunta la Mappa Mentale ci consente di rendere la nostra mente attiva e di non subire le informazioni in modo passivo.

Possediamo l’intelligenza e poter creare e apprendere è semplice se acquisiamo gli strumenti giusti e le strategie più efficaci per farlo.

 

Articolo scritto da Elisa Marigo, Speaker congresso DonnaON 2020 e selezionata per il percorso DonnaON PRO 2019/2020.


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L’importanza di scegliere il Tacco giusto

L’importanza di scegliere il Tacco giusto

Quante volte ti sei trovata a dire “vabbè una scarpa vale l’altra” ma che tu ci creda o meno, non è così. E noi donne sappiamo benissimo che non è così.

Una scarpa non vale l’altra, ne tantomeno un Tacco è equivalente all’altro soprattutto quando hai in agenda un impegno importante che riguarda la tua vita professionale.

E se quella data può essere uno spartiacque importante per la tua carriera non puoi permetterti di lasciare tutto al caso. E no!

Nel momento stesso che hai fissato giorno e ora, inizi ad andare alla ricerca dell’outfit perfetto. Perché tu, come è naturale che sia, vuoi sentirti perfetta esprimere te stessa al massimo delle tue potenzialità, sentirti a tuo agio e trasmettere sicurezza e preparazione con ognuna delle persone che incrocerai.

E’ qui che la frase “vabbè una scarpa vale l’altra” non convince anche te.

L’abito, il make-up, i capelli, le scarpe con il tacco racconteranno di te e gli altri ti valuteranno per quello che vedranno e poi sentiranno.

Ma in tutta questa ricerca le scarpe, i tacchi, hanno un ruolo ancora più grande. Si perché sceglierle male i tacchi precluderebbe inesorabilmente tutta la preparazione a cui ti sei dedicata.

Quell’immagine che vuoi far vedere agli altri e con la quale vuoi rafforzare la tua professionalità, preparazione sull’argomento, e/o esperienza maturata in un determinato campo sono il tuo primissimo biglietto da visita.

Convieni con me che scegliere un qualsiasi paio di scarpe (con il tacco) potrebbe risultare una scelta azzardata.

E ti dirò di più.

Hai presente quando vedi una bella donna, vestita di tutto punto con delle scarpe favolose che ha però un’andatura un impacciata, che ha il viso arricciato con delle smorfie di dolore a causa delle scarpe che le fanno male?

Ecco è qui che i tuoi tacchi possono interferire con la tua professione. Perché guardando quella donna senti come se qualcosa non fosse “al suo posto” e il tuo cervello ti dice “non mi convince” e farai una fatica ancora più grande a trasmettere te stessa e la tua preparazione.

E allora come fare per scegliere i tacchi giusti per soffrire meno?

Parti dalle basi, parti dalla conoscenza del tuo piede e delle sue caratteristiche.

E’ assolutamente sconsigliato scegliere, soprattutto per te che hai una pianta larga, la decolleté perché significherebbe assicurarti di soffrire tanto e da subito. Mentre l’ideale sono dei tacchi con una pianta più larga, con cinturini e un’altezza di qualche centimetro più bassa rispetto a quelle che sei abituata ad indossare. E se solitamente non li porti, scegli un tacco non alto, tipo 4-5 cm, magari largo e con 1 cm di plateau.

Se invece hai una pianta stretta con un’arcata plantare alta si alle decolleté, sempre meglio con dei cinturini per evitare che si sfilino mentre cammini e poi rischi di perderle nel bel mezzo della tua esposizione.

E per andare sul sicuro, preferisci un paio di tacchi di colore chiaro, meglio se del tuo stesso incarnato perché si abbineranno a qualsiasi abito (metti che all’ultimo tu cambi idea) e non taglieranno la tua figura, soprattutto se avrai dei cinturini.

E se non volessi scegliere i tacchi per l’occasione?

Il mio consiglio è sempre quello di scegliere un po’ di tacco perché è risaputo che una donna con il tacco (senza discriminazione di altezza) si sente più sicura di sé.

 

Articolo scritto da Anna Natale, Speaker congresso DonnaON 2020 e parte del Team DonnaON 2020.

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DA LIMITE A SFIDA

DA LIMITE A SFIDA

Ogni Obiettivo, per quanto M.A.G.I.C.O. (Misurabile, Attuabile, Grandioso, Identificato, Collocato nel tempo, Onesto), ha un nemico: le convinzioni limitanti… e se credi di esserne priva leggi fino in fondo.

La convinzione è una componente chiave della nostra struttura profonda e insieme ai principi morali dà significato alla nostra realtà. Sono loro a darci certezza circa la realtà e influenzano il nostro pensiero e il nostro focus, sempre loro motivano le nostre scelte e la capacità di concretizzarle. Nascono dalle nostre esperienze e, spesso, da esperienze raccontate, da mappe mentali altrui quali genitori, insegnanti, amici, i media, entrano nella nostra testa e creano un sistema di credenze che fa da filtro alle nuove esperienze. Quando sono potenzianti nulla quaestio, altro discorso va fatto per le convinzioni limitanti; la sfida, in questo caso, è rimuoverle o – ancor meglio – sostituirle.

Il primo passo è pesare le parole che ti rivolgi, cambiare il modo in cui parli a Te stessa. Le parole, sono le prime a tessere la tela delle convinzioni … Ogni volta che dirai a Te stessa “sono un disastro in amore”, starai predisponendo la trama della tua prossima storia, ancor prima che un nuovo incontro si materializzi. Cosa puoi fare per prendere Tu in mano la regia e dare alla tela i Tuoi colori? Cancella subito ogni affermazione di questo genere, correggi la frase l’istante dopo averla pronunciata, magari con un “ho fatto alcune scelte sbagliate nel passato”, evita di identificare Te stessa con il disastro amoroso e renditi conto che, al più, in passato hai fatto scelte sbagliate.

Usa questo favore anche alle persone che Ti circondano, se ti senti dire a Tuo figlio “sei un disordinato”, correggiti immediatamente con “ti stai comportando da disordinato”, puoi non crederci ma fa la differenza!

Vuoi sostituire le convinzioni limitanti con altre potenzianti? Bene, prendi un foglio e una penna, fallo ora e scrivi, identifica le convinzioni limitanti, partendo dalla più palese, ad es. “sono troppo vecchia per imparare una nuova lingua”, fissale su un foglio, ora osservale, ribaltale, una ad una, cancella e scrivi la nuova! Fallo per ognuna. Quando avrai il tuo nuovo elenco cerca conferme nel tuo passato, in ogni occasione nella quale hai avuto successo, o nelle storie di qualcun altro che può essere un esempio e poi agisci!

Se sei solita ripeterti “sono troppo pigra per la palestra”, mettiti scarpe comode e cammina! La manna è già scesa dal cielo e difficilmente tornerà, se vuoi qualcosa dovrai andare a prendertela.

 

Articolo scritto da Onorina Domeniconi, Speaker congresso DonnaON 2020 e selezionata per il percorso DonnaON PRO 2019/2020.

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Vale ancora la pena essere su Facebook?

Vale ancora la pena essere su Facebook?

Si è fatto un gran parlare di Facebook negli ultimi mesi, per la notizia del lancio della propria criptovaluta da parte dell’azienda.

Ma è da qualche tempo che ci si interroga sull’opportunità per i business di essere ancora presenti sulla piattaforma, con alcuni noti brand che hanno deciso di abbandonare questo social.

Facebook però è sicuramente una delle piattaforme più forti per costruire la strategia social di un business. Presenta un numero di utenti attivi al mese nel modo di circa 2,2 miliardi di persone; permette di creare contenuti diversificati e di comunicare a più livelli con i propri consumatori.

Anche se c’è chi ritiene che Facebook sia ormai uno strumento sorpassato, in realtà non esiste ancora un social in grado di eguagliare Facebook in termini di individuazione del proprio pubblico e offerta agli utenti di informazioni e contenuti pertinenti, in modo da creare relazioni durature.

Con miliardi di utenti attivi Facebook e Instagram sono diventati canali pubblicitari imprescindibili per moltissime attività. Mediamente una persona passa complessivamente 50 minuti al giorno su questi social e noi siamo pronti ad utilizzare questi 50 minuti per farci conoscere.

La cosa importante è avere una strategia per attirare l’utente, portarlo all’interno del nostro percorso d’acquisto e infine ottenere una conversione (contatto, acquisto, download di un app ecc..).

Questa strategia varia da caso a caso ed è la parte più complicata quando si imposta una campagna.

Una strada unica non c’è e diffidate da chi vi vende la formula magica valida per tutte le attività. L’unico modo di utilizzare Facebook in maniera ottimale è analizzare le variabili che ci mette a diposizione, studiare il target e i competitor, il percorso d’acquisto e tanto altro.

Quando si parla di Campagne Facebook inoltre si parla anche di Instagram, Messenger e altri posizionamenti esterni al social. A breve sarà possibile fare pubblicità anche su WhatsApp e noi inserzionisti non vediamo l’ora.

Dato che Facebook possiede miliardi di dati sui propri utenti, dati o inseriti spontaneamente o indirettamente attraverso le proprie azioni, possiamo pensare di raggiungere gli appassionati anche della più piccola nicchia di mercato su più social contemporaneamente.

La riposta alla domanda posta all’inizio “Vale la pena essere ancora presenti su Facebook?” è sì… bisogna essere presenti ed essere pronti a far evolvere la propria comunicazione in base ai nuovi strumenti messi a disposizione.

 

Articolo scritto da Stefania Genoni, Speaker congresso DonnaON 2020.

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