da Carina Fisicaro | Feb 6, 2020 | DonnaON, News dal Blog
Il reato di stregoneria viene considerato dalla Chiesa uno dei reati più gravi poiché maghe e streghe non solo danneggiano la comunità, ma si rendono colpevoli di un grave crimine religioso cioè quello di rinnegare la religione di Dio per quella del Demonio che le porta a commettere crimini in modo premeditato cioè senza la scusante dell’ignoranza che tante volte può far perdonare una fede imperfetta.
Intorno al XII secolo Graziano, monaco camaldolese e giurista attivo a Bologna tra il 1130 ed il 1150, nella sua raccolta di canoni intitolata Decretum, punta il dito contro coloro, uomini e donne, che praticano l’arte divinatoria e che si sforzano di trovare il significato delle cose future nella consultazione dei demoni, attribuendo così a queste creature poteri divini. Secondo il giurista questi maghi ed incantatori devono essere allontanati dalla Chiesa e subire la scomunica.
La stessa sorte dovrebbe toccare a quelle donne, seguaci di Satana, sedotte dalle illusioni e dai fantasmi dei demoni che, nelle ore notturne, insieme ad una moltitudine di altre donne, si muovono in groppa ad orribili bestie per partecipare a riunioni in luoghi appartati. Le streghe hanno stabilito giorni ed ore diverse per riunirsi: alcune di loro hanno scelto il giovedì, altre prediligono il mercoledì, altre ancora la notte a cavallo tra il sabato e la domenica mentre le ore sono quelle che vanno dalle 22 in poi.
Queste donne si lasciano sottomettere dal Demonio che, assumendo le sembianze di persone diverse, inganna le loro menti mostrando ora cose liete, ora cose tristi, ora persone care e familiari, ora sconosciuti.
Per il giurista è necessario che i vescovi ed i loro ministri si adoperino in ogni modo per allontanare queste donne dalla Chiesa e dalla società e che predichino ai fedeli affinché sappiano che tali fantasmi vengono proposti alle loro menti non dal Divino, ma dallo spirito maligno.
Possiamo quindi concludere dicendo che con Graziano ha inizio la persecuzione delle streghe che si protrarrà fino alla seconda metà del XVII secolo.
Articolo scritto da Marinella Peri, Speaker congresso DonnaON 2020.
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da Carina Fisicaro | Gen 10, 2020 | DonnaON, DonnaON PRO, News dal Blog
Hai deciso di metterti in proprio, ma hai calcolato attentamente cosa significhi in termini di soldi e di liquidità?
Quanti soldi tuoi puoi investire? Di quanta finanza di terzi necessiti? Quali canali sono utili per accedere al credito? Dove posso avere le informazioni necessarie?
Molte volte si compie l’errore di calcolare il fabbisogno finanziario della nostra azienda pensando esclusivamente ai costi vivi che dobbiamo sostenere per acquisire la materia prima, ma ci sono tutta una serie di costi da tenere in considerazione per calcolare quanto denaro serva per farlo partire.
Inoltre un’altra variabile che non possiamo sottovalutare è il tempo inteso come tempistica fra la realizzazione del tuo business e l’inizio degli incassi che da esso derivano. Spesso passano mesi e devi essere in grado di provvedere al tuo sostentamento pur sapendo di non aver a disposizione nessuna o poche entrate derivanti dalla tua nuova attività.
E’ per questo che è molto utile redigere il cosiddetto business plan, un documento che rappresenta una sorta di mappa o guida del nostro business dove mettiamo nero su bianco tutte le caratteristiche della nostra attività supportata da tutta una serie di dati relativi anche al settore nel quale vogliamo inserirci.
Spesso si pensa che il business plan serva esclusivamente alle banche per verificare se siamo o meno meritevoli di credito laddove non esistano bilanci (e se la nostra è una nuova attività è ovvio che non potremo dimostrare nessuna storicità) invece il business plan è uno strumento che serve in primis a noi per poter fare tutta una serie di considerazioni utili allo sviluppo della nostra attività.
Questo documento viene redatto dal commercialista e in questo caso è meglio rivolgersi a commercialisti specializzati nell’avvio di nuove start up che sono quindi esperti nella redazione di questo documento.
Non facciamo l’errore, per risparmiare, di andare dal vecchio commercialista di famiglia che magari è stato bravissimo a consigliare i nostri nonni quarant’anni fa e che ora è in pensione!
Il nostro business ha bisogno di professionisti competenti per partire con il piede giusto.
Ricordiamoci che una scelta sbagliata fatta all’inizio può pregiudicare la buona riuscita anche della più bella idea imprenditoriale!
Articolo scritto da Sabrina Brunelli, Speaker congresso DonnaON 2020 e selezionata per il percorso DonnaON PRO 2019/2020.
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da Carina Fisicaro | Dic 7, 2019 | DonnaON, DonnaON PRO, News dal Blog
Ora che abbiamo fatto le nostre considerazioni e sviluppato la nostra idea avendo chiarito le competenze di cui disponiamo e adottato il mindset giusto, è il momento di capire se o quando aprire la fatidica partita IVA.
Ritenuta d’acconto o partita IVA?
La burocrazia spaventa tutti all’inizio e, quando si è sole, è importante cercare il confronto con altri freelance più navigati o con un commercialista di fiducia. Per questo ne abbiamo uno all’interno del nostro Network. Ci offre i migliori consigli per evitare false partenze.
All’inizio, soprattutto se ti trovi ad avviare l’attività negli ultimi mesi dell’anno, potrebbe valere la pena considerare l’opportunità di iniziare a collaborare in “ritenuta d’acconto”, anziché optare fin da subito per l’apertura della partita IVA, che ha comunque dei costi di gestione e adempimenti da affrontare.
Se, ad esempio, sei una giovane professionista che ha appena terminato gli studi oppure una giovane mamma che ha dovuto lasciare il lavoro per occuparsi della prole e si sta rimettendo in gioco o ancora una donna che si sente stretta nel lavoro dipendente e sta cominciando a guardarsi intorno, vale la pena valutare la ritenuta d’acconto nel primo periodo.
Ne esistono di diverse tipologie, ma quella che interessa le lavoratrici autonome riguarda la prestazione occasionale. A DonnaOn entreremo nello specifico, ma ti anticipo che deve trattarsi di una prestazione occasionale e il tuo cliente – sostituto d’imposta – detrarrà dal compenso il 20% di ritenuta d’acconto che verserà a tuo nome. Se superi i 5.000 euro hai l’obbligo dei versamenti INPS.
Sì, lo so, stai storcendo il naso. In effetti la ritenuta non ti dà margini di crescita e soprattutto, secondo la norma, non puoi promuoverti, quindi neppure sui social o con un sito web dedicato ai tuoi servizi.
Ecco perché i commercialisti suggeriscono di aprire la partita IVA.
Partita IVA: primi passi
Se hai fatto un po’ di esperienza con la ritenuta d’acconto o vuoi lanciare il tuo business, sei pronta a fare il grande salto: aprire la tua partita IVA.
Esistono due regimi fiscali legati alla partita IVA, quello forfettario e quella ordinario. Il primo, per intenderci, è quello naturale che dalla scorsa Legge di Bilancio ha una tassazione del 15% – la più nota flattax – fino a 65.000 euro di reddito e non consente praticamente alcun tipo di detrazione di spesa. Per le nuove attività e senza limiti di età è possibile avere un’agevolazione ulteriore con una tassazione al 5% per i primi cinque anni.
Il secondo comprende il pagamento dell’Irpef, dell’IVA e anche dell’IRAP. Il reddito è determinato come differenza tra i ricavi meno i costi. È più oneroso, prevede delle scadenze fisse di anticipo e saldo di IVA e tasse, oltre ai contributi previdenziali.
In entrambi i casi infatti è obbligatorio aprire la posizione INPS nella Gestione Separata.
L’apertura della partita IVA non ha costi, ma è indispensabile affidarsi a un professionista che sappia consigliare come prepararsi ad affrontare l’attività e le scadenze. E questa gestione ha costi diversi per i due regimi.
Insieme, a DonnaOn, capiremo anche a chi rivolgersi, che cos’è un codice ATECO, quali sono i requisiti per l’uno o l’altro sistema fiscale e come gestirsi.
E ricorda: aggiornarsi sempre, arrendersi mai.
#InsiemeèMeglio
Articolo scritto da Barbara Reverberi, Speaker congresso DonnaON 2020 e selezionata per il percorso DonnaON PRO 2019/2020.
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